|  | Social       Watch Rapporto 2006ARCHITETTURA IMPOSSIBILE
 PERCHÉ LE STRUTTURE FINANZIARIE NON FUNZIONANO PER I POVERI E COME       RIDISEGNARLE PER L'EQUITÀ E LO SVILUPPO
 Riprogettare l’architettura finanziariaIntroduzione
 di  Roberto  Bissio
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 La  maggioranza dei cittadini del Nord crede che una parte sostanziale delle tasse  che pagano venga devoluta ai paesi poveri sotto forma di aiuto, prestiti  agevolati, benefici negli scambi commerciali e di cosiddette cancellazioni del  debito, e che, se la povertà persiste, ciò deve essere in qualche modo  attribuito alle stesse popolazioni povere, a causa della loro pigrizia,  ignoranza o a qualche effetto del clima tropicale, o ancora ai loro governi  inefficienti e corrotti.
 
 D’altro canto, i cittadini del Sud del mondo vedono fuoriuscire i soldi dai  loro paesi sotto forma di pagamento del debito estero con interessi, relazioni  commerciali non eque e profitti altissimi ricavati illecitamente dalle loro  economie da parte di multinazionali straniere.
 
 Tassi  d'interesse sugli investimenti del 25-30% annuali non sono fuori dal comune in  Africa! Canali sotterranei, invisibili  per i cittadini del Nord o del Sud, deviano enormi quantità di denaro verso i  paradisi fiscali e le reti del fisco catturano facilmente i piccoli pesci, ma  lasciano passare, indenni, gli squali. Le due istituzioni inter-governative  globali che dovrebbero presiedere alle finanze mondiali e regolare il loro  flusso fanno l’opposto di ciò che ci si aspetterebbe da loro: invece di  canalizzare i soldi verso lo sviluppo, la Banca Mondiale riceve più dai paesi  in via di sviluppo di quanto essa gli dia. Invece di assicurare la globale  stabilità finanziaria, il Fondo Monetario Internazionale si augura una crisi  finanziaria o altrimenti non avrebbe i soldi sufficienti per pagare il proprio  personale. L’attuale architettura finanziaria globale, perciò, assume le  sembianze dell’impossibile edificio progettato da MC Escher nella sua celebre  acquaforte “Waterfall”, dove l’acqua che sembra cadere, in realtà cade verso  l’alto, opponendosi ad ogni regola della logica.
 
 Per mettere un po’ d’ordine in questa architettura impossibile, nel marzo del  2002 si è riunito un vertice intergovernamentale a Monterrey, Messico, per  parlare di “Finanziamento per lo Sviluppo”. Poco prima, L'Organizzazione  Mondiale del Commercio aveva lanciato un “Ciclo per lo sviluppo” (“Development  round”) di negoziazioni commerciali a Doha, la capitale del Qatar e subito dopo  gli attacchi dell’11 settembre contro gli Stati Uniti che scossero il mondo,  questi discorsi promettevano un nuovo progetto per l’ economia mondiale. I  sistemi commerciali e finanziari riformati avrebbero dato la possibilità ai  poveri di uscire dalla loro situazione. Con qualche aiuto aggiuntivo e con la  cancellazione del debito dei paesi più poveri, verrebbe raggiunto, nel 2015, un  progresso sociale sufficiente per portare avanti con successo l’insieme di  scopi sociali di base stabiliti dagli stessi leader nel 2000 per “sostenere i  principi della dignità, dell’uguaglianza ed dell’ equità umana a un livello  globale1”.
 
 Il Monterrey  Consensus del 2002 afferma che “ogni paese è responsabile del proprio sviluppo  ed è cruciale che le strategie di sviluppo appartengano ai singoli paesi  interessati. Lo sviluppo richiede, tuttavia, più che semplice aiuto: implica,  infatti, che le forze congiunte mobilitino le risorse domestiche, le questioni  commerciali, i problemi del debito e la riforma dell’architettura finanziaria  internazionale2.”
 
 Da allora sono passati quasi cinque anni  e Social Watch giudica quegli impegni troppo importanti per poterli ignorare.  Dal 1996 le coalizioni di Social Watch in giro per il mondo hanno annualmente  registrato i dati relativi alla povertà, al equità di genere e alle politiche  dei governi che incidono per il meglio o per il peggio sul destino della  maggioranza vulnerabile e non privilegiata della terra.
 
 Il rapporto  del Social Watch 2006 guarda ai mezzi per attivare le politiche di sviluppo. Lo sviluppo avviene a livello locale ed è una  responsabilità nazionale. Le coalizioni nazionali del Social Watch, osservando  i propri stati dall'interno, trovano una varietà di ostacoli e di motivi per  cui le risorse non sono sempre laddove ce ne è bisogno. I risultati sono  l’essenza di questo rapporto, poiché forniscono la prospettiva dal basso delle  persone che lavorano con le associazioni e i movimenti della società civile.  Questo non è un rapporto commissionato. Ogni capitolo nazionale del Social  Watch è composto da organizzazioni e movimenti che tutto l’anno si occupano di  temi sullo sviluppo sociale. Si incontrano una volta all’anno per valutare le  azioni governative e gli esiti.
 I loro risultati non sono intesi come semplice analisi, ma sono usati per  attirare l’attenzione delle autorità verso questi temi e per dare una forma  migliore alle politiche a favore dei poveri e delle donne. L’enfasi e le  priorità di ogni rapporto del capitolo-paese, quindi, sono state decise dalle  stesse organizzazioni che conducono l’indagine. Per permettere l’uscita del  rapporto, ogni gruppo raccoglie i propri fondi, la maggior parte dei quali  vengono investiti dopo essersi consultati con i movimenti sociali per  raccogliere prove e convalidare i propri risultati. E non si astiene dal  criticare le autorità, le politiche, le elite o i sistemi di governo nazionali  qualora lo ritengano necessario. La voce di punti di vista critici aiuta a  migliorare il processo democratico. Ma anche quando i rapporti scoprono che  molto può e ha bisogno di migliorare in casa, allora mirano a evidenziare gli  ovvi vincoli internazionali che non possono essere risolti al livello  nazionale.
 
 La sezione internazionale del rapporto, informata dal lavoro di importanti reti  di ONG, mette in luce tali questioni. Alcune di esse, come l'aiuto allo  sviluppo, il commercio e il debito, sono state al centro di grandi campagne  internazionali. Altre, come il la fuga di capitali, l’evasione fiscale, il  commercio fraudolento intra-gruppo di multinazionali e la stessa gestione delle  istituzioni finanziarie internazionali devono ancora uscire dall’esclusivo  dibattito degli esperti per raggiungere la consapevolezza dei cittadini comuni.  Ma essi fanno tutti parte della stessa architettura che necessita urgentemente  di essere riprogettata.
 
 Il motivo di tale cambiamento emerge con drammatica chiarezza dall’attenta  analisi di indicatori sociali in varie parti del mondo, il che dà vita alla  sezione del rapporto dedicata alle statistiche. È accurata, ma non lo è  sufficientemente da poter affermare che ai livelli attuali del progresso, gli  Obiettivi di sviluppo del Millennio non potranno essere raggiunti entro il  2015. Ciò che dovrebbe recar vergogna ai leader del mondo, che concordarono  tali obiettivi, è la prova che su interi continenti ci vorranno uno o due  secoli per portarli a termine!
 
 Tali tendenze possono essere stravolte. Questo rapporto offre idee su come  raggiungere ciò che è possibile. Non sono particolarmente originali o  rivoluzionarie: é semplicemente senso comune il fatto che le tasse andrebbero  pagate da tutti e che coloro che possiedono di più e guadagnano di più  dovrebbero pagare di più. Ma in un’economia globalizzata, questo può essere  raggiunto solo se i governi coordinano le loro forze. Certo, probabilmente ciò  implicherebbe l'organizzazione di un nuovo vertice delle Nazioni Unite per le  finanze. Perché mai dovrebbe avere successo quando in passato così tante  consultazioni globali hanno fallito? Perché l’architettura attuale è  “impossibile” sia nel senso che non è pratica, sia nel senso che è non è  sostenibile.
 
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 1. United Nations Millennium Declaration, Risoluzione A/55/2 adottata dall’  Assemblea Generale nel settembre del 2000.
 2. United Nations, Report of the International Conference on Financing for  Development; Monterrey, Mexico, 18-22 March 2002 (A/CONF.198/11).
 Roberto BissioCoordinatore Internazionale Social Watc
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